Ringraziamo Nello Della Giustina, autore del libro "Mulini lungo l'Alto corso del Meschio" per averci concesso di pubblicare questa preziosa ricerca storica.
Il mulino superiore con sega e falegnameria
Quante volte abbiamo visto Giacomo Della Giustina, Eto, seduto sulla panca collocata esternamente alla sua falegnameria, dopo il lavoro o nei giorni di festa? L’abbiamo conosciuto e ne abbiamo apprezzato la laboriosità e la bonomia. Lo vediamo ancora bimbo in una foto di gruppo alla Sega, il primo da dx seduto; sempre da destra sono riconoscibili Angela, figlia di Chechi Magro, Antonia Pradal e Lina, figlia di Chechi Gras.
Con la sua morte ha avuto fine una dinastia di falegnami; secondo la testimonianza di Eto, riportata dal Tomasi nel lavoro citato, fu il padre a impiantarla nel 1936, sostituendola a una segheria preesistente, alla quale era annesso un mulino funzionante sino al 1957. Chissà se la Siega de Canal testimoniata già nel XV secolo è stata l’antenata di questa; crediamo che sì.
Con la morte di Eto il complesso è rimasto chiuso per alcuni anni; ora sta riprendendo vita grazie all’impegno del Sign. Renzo Chinol, un bellunese dell’Alpago, già operante nel settore del legno, il quale coltiva il sogno di riportare all’antico splendore questa realtà.
Ci ha colpito una sua frase: “L’ho promesso a Eto”. Grazie alla sua gentilezza abbiamo potuto visitare l’interno, che avevamo già visto numerosi anni fa quando a Eto si commissionavano dei lavori di falegnameria.
Nulla è cambiato da allora e vedere il nuovo proprietario al lavoro ci ha portato indietro nel tempo e abbiam rivisto la piccola figura di Eto muoversi con gesti rapidi ed esperti al banco da lavoro, malgrado la menomazione fisica. Renzo Chinol, attuale proprietario della falegnameria di Eto, con Eugenio Sonego, il quale costì abitò nell’anteguerra, quando il padre, Marco, lavorava in società con il padre di Eto.
Sotto il pavimento esiste ancora un vano di circa due metri di profondità, il quale ospita gli ingranaggi necessari per il movimento della sega verticale per far girare la ruota del mulino superiore, comprato dalla famiglia di Eto da Checo Della Giustina detto Magro per distinguerlo dall’omonimo Checo detto Gras proprietario del mulino inferiore, la cui ruota fu realizzata dagli Ortolan del mulino ora Bottoli. Gli Ortolan, fra l’altro, da questi locali partirono con l’attività tessile, che si sarebbe sviluppata sino alla costruzione dello stabilimento situato poco sotto, visibile in prossimità dell’imbocco della galleria del traforo di S. Augusta, e attivo sino a pochi decenni fa.
In mezzo vi era il mulino di Isacco Della Giustina, figlio di Abramo e nipote del patriarca Bernardo 149 , recentemente acquisito sempre dal Chinol: questo mulino costituì inizialmente un’unica realtà con il mulino inferiore noto come mulino di Chechi Gras.
Nella sua ricognizione il Tomasi ha avuto modo di vedere il martello per marchiare il legname lavorato nella segheria, con le iniziali G.D.G. (Giacomo Della Giustina), databile al 1864.
Rimandiamo alla tavola di pag. 36 della sua ricerca per avere un’idea del piano di lavoro della segheria e del piano sottostante contenente le componenti meccaniche della trasmissione.
Confrontare la realtà di allora, testimoniata dalle foto riportate dal Tomasi, con quello che rimane causa un colpo al cuore: non esistono più i vecchi ballatoi in legno, i quali davano un tocco di eleganza e di compiutezza architettonica a tanti edifici della fascia pedemontana. Quegli edifici, in gran parte chiusi, danno un senso di vuoto e di disagio, non disgiunto da una componente di nostalgia che porterebbe a ricostruire virtualmente, in mancanza di meglio, un mondo ormai perduto con le ali dell’immaginazione, supportati tuttavia da riscontri documentari.
Tratto dal libro:
Mulini lungo l'Alto corso del Meschio
di Nello Della Giustina
Dario De Bastiani Editore